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giornomemoriaPer la prima volta celebriamo oggi la Giornata della memoria in Abruzzo senza la presenza di Ermando Parete, nostro glorioso concittadino, ex sottufficiale della Guardia di Finanza ed ultimo sopravvissuto italiano del campo di sterminio di Dachau.
Voglio dedicare il mio intervento ad un ricordo del caro Ermando, che da due giorni ci ha lasciati, e che da sempre ha impersonato la figura del testimone per eccellenza ai campi di concentramento, essendo scampato quasi per miracolo ad una morte sicura, che solo accidentalmente lo aveva risparmiato. Personalmente sono profondamente commosso e addolorato per la sua scomparsa. Parete avrebbe compiuto 93 anni tra qualche giorno. Era nato ad Abbateggio il 15 febbraio 1923. Dal 1943 al 1945 fu deportato nel campo di sterminio di Dachau, in Baviera, dove sopravvisse ad una serie di torture e di sevizie solo perché sostenuto da una grande forza . Una forza d’animo che, come ha più volte ripetuto, gli veniva dai volti di mamma e papà lontani, Chiara e Donato, e dei due fratelli Giovanni e Guido, ai quali erano legato dai ricordi più dolci della vita quotidiana che scorreva nel borgo della Majella.
Per Ermando la memoria è stata la missione di una vita, un impegno infaticabile portato avanti con passione e costanza, anche nel ricordo del dolore patito in quella tragica prigionia. Non faceva mai mancare la sua presenza durante le celebrazioni del Giorno della memoria ogni 27 gennaio. Quante volte venne proprio qui, in questa sala della Provincia, a raccontare della sua terribile esperienza. E quante volte ha partecipato, senza esitazione, alle tante iniziative organizzate nelle scuole e ovunque si volesse parlare per non dimenticare quella barbarie.
Storia e memoria sono risorse fondamentali per l'umanità, permettono di utilizzare il passato per capire il presente. La memoria è l'esperienza del vissuto, impedisce l'oblio. Grazie ad Ermando la memoria è rimasta viva: abbiamo toccato con mano l’esperienza dei lager, abbiamo ascoltato dalla sua viva voce il racconto vero di una tragedia che voi ragazzi conoscete dai libri, dai film, dai documentari.
Ci mancherà Ermando, la sua testimonianza sarà anch’essa il ricordo che noi, rappresentanti delle Istituzioni, non spegneremo mai, e che, a partire da oggi, ricorderemo ogni 27 gennaio.
Oltre a ciò oggi avrei voluto parlarvi di come la storia dei campi di prigionia e di persecuzione abbia toccato anche l’Abruzzo . Ci soffermiamo quasi sempre sui campi di sterminio più famosi, dove immaginiamo la vita terribile dei deportati, che vivevano al freddo di località tra la Germania, l’Austria, la Polonia… Ma i campi di concentramento non furono solo quelli. Si dimentica, e qualche volta si ignora, che in Abruzzo vennero istituiti 16 campi di concentramento e internamento, dove furono accolte diverse tipologie di prigionieri: prigionieri politici, ebrei, slavi, cinesi, donne, intellettuali contrari al regime. L’Abruzzo fu ritenuto un luogo ideale per la sua posizione geografica, per le condizioni sociali e per la conformazione geologica: tre fattori che rendevano più agevole il controllo dei detenuti. La scarsa politicizzazione degli abitati, inoltre, lo rese un luogo ideale per un internamento più sicuro rispetto al confino di polizia. La regione, quindi, rivestì un ruolo strategico per il regime e, per lo stesso motivo, ma da punto di vista opposto, per la Resistenza.
Anche nel territorio della nostra provincia ci fu un campo di concentramento, fortunatamente unico: quello di Città S.Angelo. Un campo di prigionia per confinati situato in prossimità del centro abitato. Istituito nel 1941, sappiamo che nell’inverno del 1942, vi erano circa 120 internati, quasi tutti jugoslavi, tra i quali "ventisei individui, appartenenti al partito comunista", che "malgrado l’attiva vigilanza degli agenti di P.S., riuscivano a mantenere rapporti con gli abitanti di quel comune, molto ospitali per loro natura”.
La popolazione locale, animata dagli ideali di libertà, offrì un'ammirevole prova di spirito di solidarietà, prodigandosi nell'accogliere nelle proprie abitazioni sfollati, ex internati e quanti avevano bisogno di aiuto, esponendosi alle ritorsioni delle truppe nazifasciste.
Il campo di Città S. Angelo, anche se con pochi internati, rimase attivo fino ai primi giorni dell’aprile 1944, quando venne definitivamente chiuso.
Dunque anche l’Abruzzo e la nostra provincia hanno partecipato a questa assurda forma di segregazione dell’uomo contro l’uomo. Il motivo ideologico o bellico era un pretesto: il 900 è stato il secolo delle prigionie e dell’internamento come forma di controllo sul territorio.
Senza arrivare alle forme estreme di persecuzione e di sterminio attuate dal nazifascismo, anche queste testimonianze stanno a significare che il rischio di sottoporre a controllo il libero pensiero e di cedere a ideologie così negative possono rendere possibile, anche in una regione pacifica e accogliente come la nostra, l’esistenza di strutture di prigionia afferenti ad una corrente ideologica e culturale razzista e antidemocratica.

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